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SAVONA IMPRESA
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del nord Europa.
Non è un po’ troppo sempli-
ce?
Il concetto è semplice, da pro-
gramma di geografia econo-
mica di seconda ragioneria.
Il problema è che ci mancano
anche le basi della geografia
fisica: è difficile fare raffronti
tra i porti sul Mare del Nord e
i porti italiani, quando lassù i
porti hanno alle spalle pianu-
re sconfinate, fiumi usati come
banchine e collegamenti infra-
strutturali con le aree produt-
tive a basso costo. In Italia ab-
biamo porti che hanno alle
spalle i monti o, comunque,
sono cresciuti dentro le cit-
tà, senza alcuna possibilità di
sviluppo di aree retroportuali
dedicate e con un sistema in-
frastrutturale e logistico com-
plicato e costoso. Mi sembra,
invece, che si agiti la “clava”
dei confronti con il nord Euro-
pa per fare, se la riforma rima-
ne quella che è, solo dei “mi-
ni-accorpamenti”di porti che
funzionano in porti che hanno
dei problemi, senza occuparsi
della burocrazia dei controlli
sulla merce, quando il Censis
ha rilevato tempi quadrupli
nell’uscita delle merci dai no-
stri porti rispetto al nord Eu-
ropa, senza occuparsi di realiz-
zare infrastrutture logistiche
per far uscire rapidamente le
merci.
L’impressione è quindi che
si parli in astratto di Euro-
pa e si guardi invece al vici-
no di casa?
Alla fine, a forza di sentir dire
dal Ministro che occorre evita-
re che i porti “si facciano con-
correnza” e visto che gli unici
accorpamenti su porti di rilie-
vo riguardano Savona e Saler-
no, sinceramente nasce forte
il sospetto che la verità sia che
Savona non deve fare concor-
renza a Genova e Salerno non
deve farla a Napoli, anche alla
luce del fatto che, ancora oggi,
a distanza di oltre dieci anni
dalle scelte fatte (a Genova)
nel capoluogo ci si continui a
lamentare della Piattaforma
Maersk e dell’accosto crocie-
ristico Costa (in realtà negli ul-
timi tempi ci si lamenta anche
del traffico ro-ro, che infatti,
guarda caso, marcia a numeri
record nel nostro porto).
Ma dunque non rischia di
essere una mera difesa del
campanile?
Se la mia campanella suona
meglio del tuo campanone,
sinceramente, non vedo per-
ché dovrei adeguarmi, in for-
za di un miglioramento com-
petitivo del quale nessuno e
ripeto nessuno ci ha mai dato
dimostrazione reale: ci sarà
uno straccio di progetto nel
quale mi dicono che, passa-
to un anno dall’accorpamen-
to, a Savona le concessioni co-
steranno di meno e sbarcare
la merce sarà più convenien-
te rispetto ad oggi? Il proble-
ma è che questo calcolo non
l’hanno fatto. Alla fine questa
riformetta sì che risponde ai
campanili, ma alla rovescia di
come la raccontano. Se si vole-
va razionalizzare e determina-
re dove fare investimenti, non
si sarebbero lasciate 14 Auto-
rità, anche perché, con ecce-
zione di Savona e Salerno, le
altre autorità accorpate sono
di second’ordine, mentre quel-
li che hanno fatto o vogliono
fare investimenti senza sen-
so, restano tranquillamente
in sella. Insomma, è dipeso da
chi aveva santi in paradiso, e
Savona non li ha. Basta vedere
che resta autonomo il porto di
Civitavecchia che non avreb-
be alcun titolo per restare tale.
Tutto da distruggere o qual-
cosa si può salvare?
Guardi, si può partire da al-
cuni spunti positivi: allegge-
rimento degli organi deciso-
ri, accorpamenti, ma arrivare
ben oltre con i risultati. Rite-
niamo che le Autorità di Siste-
ma debbono partire dalle aree
economiche cui sono poste al
servizio: due autorità per il
Tirreno (nord e sud) due per
l’Adriatico (nord e sud) e una
ciascuna per le due isole sa-
rebbero ampiamente suffi-
cienti. Il Comitato di Gestione
di Autorità di tale dimensione,
se snello e composto da sog-
getti dotati di sufficiente com-
petenza, potrebbe realmente
fare scelte di mercato. Apoche
Autorità di Sistema, dovreb-
bero corrispondere presso i
18 – 20 maggiori porti delle
Direzioni di Scalo, con forti
poteri operativi e di gestione,
cui spetti la redazione e la pro-
posta dei Piani Triennali, dei
Piani Regolatori da proporre
al Comitato di Gestione, che,
in piena autonomia, fa le pro-
prie scelte strategiche con una
visione d’insieme. Il tutto con
un confronto, in ogni porto,
con gli operatori, le forze so-
ciali, l’autorità marittima, gli
uffici dello Stato, in una Com-
missione Consultiva Locale. Se
non si riesce a fare una propo-
sta drastica come quella che le
ho illustrato, allora lasciamo la
legge così com’è stata scritta,
vent’anni fa, molto bene.
Ma così non simantengono i
conflitti di interessi che Del
Rio ha detto di voler rimuo-
vere?
Quella dei conflitti di interes-
se è una di quelle altre bufa-
le utilizzate come argomen-
to per demolire la presenza
dei privati nel momento de-
cisorio della gestione delle
Autorità Portuali. Per com-
prendere il perché ci siano
i rappresentanti dei privati
all’interno dei Comitati Por-
tuali bisognerebbe conosce-
re la storia, anche delle nor-
me. Nel 1994 si è sancito che
lo Stato non si sarebbe occu-
pato più di fare il “commer-
ciale” nei porti: non era il suo
mestiere e lo faceva talmen-
te male che ci rimetteva mol-
ti quattrini. Da quel momento
i traffici li avrebbero dovuti
portare i privati, che avrebbe-
ro assunto tutti i dipendenti,
tranne quelli delle Compagnie
Portuali, e che avrebbero fat-
to investimenti nelle opere
non direttamente “a mare”.
I privati, ovviamente, dove-
vano avere il diritto/dovere
di controllare che i nuovi or-
ganismi, le Autorità Portua-
li, non sperperassero i soldi
e facessero scelte coerenti e
sostenibili. Si è chiesto ai pri-
vati di assumere e investire.
Scusi se è stato riconosciuto
loro il potere di partecipare
alle decisioni.
Ma quale campanile?
Bastano sei Authority
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