Le disposizioni contenute nell'art. 11 prevedono
l'abrogazione espressa di talune norme e l'abrogazione implicita di tutte quelle
comunque incompatibili con le previsioni degli articoli
precedenti.
In particolare vengono
espressamente abrogate:
1.
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la legge 18 aprile 1962, n. 230 (normativa generale
sui contratti a termine);
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2.
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art. 8 bis della legge 25 marzo 1983, n. 79
(relativo al diritto di precedenza nelle assunzioni per i lavoratori
stagionali);
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3.
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art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56
(concernente ulteriori norme integrative sui contratti a
termine).
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Appare opportuno evidenziare che l'art. 10,
comma 6, stabilisce che restino in vigore:
1.
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la legge 23 luglio 1991, n. 223, art. 8, comma 2
(che prevede la possibilità di assumere con contratto a termine della
durata non superiore a 12 mesi lavoratori iscritti nelle liste di
mobilità);
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2.
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la legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 75 (che
consente di stipulare contratti a termine della durata minima di 2 anni con
lavoratori che, avendone i requisiti, scelgono di rinviare il pensionamento di
anzianità);
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3.
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la legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 10 - ora D.Lgs.
n. 151/2001, art. 4 (che fornisce la possibilità di effettuare contratti
a termine in sostituzione di dipendenti assenti per congedo di maternità,
paternità e parentali).
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Con riferimento agli effetti della nuova
disciplina sulle clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro
vigenti, si prevede una disciplina transitoria che ne mantiene l'efficacia fino
alla data di scadenza dei contratti
stessi.
Come noto, infatti, i CCNL
hanno in passato individuato - in base all'art. 23 della legge n. 56/1987 (ora
abrogata) - ipotesi di contratti a termine aggiuntive rispetto a quelle previste
dalla legge n. 230/1962, per le quali gli stessi contratti collettivi avevano
anche stabilito limiti quantitativi rispetti ai contratti a tempo indeterminato.
Per evitare la decadenza, il legislatore ha previsto che tali clausole
contrattuali continuino a trovare applicazione anche rispetto ad ipotesi che,
secondo la nuova disciplina del lavoro a tempo determinato non sarebbero
soggette a limitazioni
quantitative.
Dunque, le ipotesi e le
quote percentuali stabilite dai contratti collettivi che pongono limiti alla
possibilità di assumere con contratto a termine continuano ad applicarsi
- fatte salve diverse anticipate intese tra le parti stipulanti - fino al
rinnovo degli stessi
contratti.
Pertanto, il datore di
lavoro che intenda effettuare assunzioni a tempo determinato, deve sempre
verificare nel contratto collettivo applicato, se la ragione di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, indicata per il contratto a
termine, è compresa o meno fra le ipotesi per le quali lo stesso CCNL
stabilisce percentuali massime di utilizzazione di lavoratori con contratto a
termine e, ovviamente, è tenuto a rispettare quanto ivi
previsto.
Occorre, inoltre, ricordare
che - nella fase transitoria - continuano a valere anche i rinvii con i quali le
stesse clausole dei contratti collettivi nazionali hanno affidato ad altre sedi
di contrattazione (es.: aziendale) la facoltà di definire ulteriori
modalità per l'utilizzo dei contratti a termine nonché le concrete
modalità (qualitative e quantitative) nel frattempo definite in tali sedi
in forza di tali rinvii.
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Circa le ipotesi di assunzione a termine previste
dal punto 10 dell'accordo interconfederale 12 dicembre 1988, Confindustria aveva
convenuto in data 19 luglio 2000 con CGIL, CISL e UIL che la disciplina definita
con il predetto accordo (possibilità di stipulare contratti a termine di
durata non inferiore a 4 mesi e non superiore a 12 mesi in relazione a
determinate caratteristiche soggettive del lavoratore) avrebbe mantenuto la sua
efficacia fino all'entrata in vigore di eventuali future modifiche dell'istituto
del contratto a termine.
Ne deriva
che, con l'entrata in vigore del Decreto legislativo n. 368/2001 è
cessata l'efficacia di quanto previsto dal punto 10 del citato accordo
interconfederale.
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Ai sensi del comma 3 dell'art. 11, del D.Lgs.
n. 368/2001, i contratti individuali definiti in attuazione della normativa
previgente, continuano a dispiegare i loro effetti fino alla scadenza. Resta
ferma, comunque, l'applicazione nei confronti degli stessi delle nuove
disposizioni in materia di proroga e computabilità dei lavoratori a
termine.